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Pensiero della settimana

CON LE PAROLE DI RAV LOCCI

30 Av 5779/31 Agosto 2019 – Shabbat Ree

Guarda, oggi Io pongo davanti a voi la Berakhà (benedizione) e la Kelalà (maledizione). La Berakhà (verrà) a condizione che diate ascolto alle Mitzwoth (precetti) del Signore D. vostro, che Io vi comando oggi. Mentre la Kelalà (verrà) se non darete ascolto alle Mitzwoth del Signore D. vostro, così da allontanarvi dalla via che Io vi comando oggi, per seguire altre divinità che voi non conoscete.

Deuteronomio 11, 26-28

In questi versi della Torà troviamo uno dei temi su cui l’essere umano si è posto infinite domande: il libero arbitrio.

Rabbenu Bachye, commentatore spagnolo del XIV secolo, afferma che il libero arbitrio è “un grande principio e fondamento della fede” e, riguardo il primo verso, commenta:

…la benedizione e la maledizione sono emanazioni degli attributi divini con i quali è stato creato il mondo; il giudizio (middat hadin) e la misericordia (middat harachamim), il cui significato è manifesto solo a singoli illuminati…sono una sollecitazione per la maggioranza, verso l’osservanza dei precetti e il timore della loro trasgressione… 

Nelle parole del maestro spagnolo, traspare la presenza di due tipologie di popolazione: le singole persone illuminate verso le quali D-o si rivolge al singolare (guarda) e la maggioranza di persone che non sanno operare una scelta, verso le quali è necessario un approccio collettivo (davanti a voi). L’invito della Torà a “guardare” alla distinzione tra la via della benedizione e quella della maledizione, è riferito ad ogni singola persona all’interno di una collettività in quanto, come afferma Rav Chydà (Chayym David Azulay 1727-1806), l’individuo deve vedere se stesso come parte di un insieme, con la possibilità, e quindi il dovere, di influenzare sempre in positivo la maggioranza. Concetto questo che è presente anche nella massima talmudica: 

Sia buona consuetudine che l’uomo veda se stesso (e tutto il mondo) come se fosse per metà meritevole e per metà colpevole; se compie un dovere/mitzwà, porta se stesso e tutto il mondo dalla parte del merito; se compie una trasgressione/’averà, porta se stesso e tutto il mondo dalla parte della colpevolezza.

Kiddushin 40b

Secondo il commento di Rash”y (Rabbì Shelomò Yztchaqy 1040-1105) non c’è un parallelismo puro tra le condizionali (asher/a condizione che e im/se) che collegano i concetti di Berakhà/benedizione e Kelalà/maledizione. Sempre nel Talmud (Ghittin 74a) si trova un esempio giuridico che forse è alla base del ragionamento di Rash”y. In un rapporto economico se una persona dice: ti pago il conto a condizione che tu mi faccia questo lavoro, essa è tenuta a pagare subito anche se non ha il lavoro finito. Se invece dice: ti pago se mi fai un lavoro, vuol dire che il compenso sarà dato solo a compimento dell’incarico. Alla luce di queste indicazioni, cerchiamo di capire la differenza tra gli effetti provocati da una scelta e dall’altra. Sulla via della benedizione, riceviamo il premio delle nostre azioni quando non abbiamo ancora terminato la nostra opera. Sulla via della maledizione, si riceverà il castigo solo se avremo completato il percorso, cioè se “saremo lontani dalla Torà e seguendo altre divinità che non conosciamo”. Don Ytzchak Abrabanel (1437-1508), si interroga sul perché il verso che si riferisce alla benedizione sia più breve rispetto a quello che riguarda la maledizione. Egli spiega che, fermo restando la libertà di scelta, la strada per raggiungere la benedizione è obbligata: l’ascolto degli insegnamenti della Torà è un senso unico senza possibilità di svolta a destra o sinistra. Al contrario, per raggiungere la maledizione, si possono percorrere varie vie, ognuna delle quali ha ulteriori possibilità di svolta a destra o a sinistra. In conclusione, dietro una variabilità di stile letterario o un’incongruenza linguistica, si celano concetti più profondi rispetto a quello che spicca dalla semplice lettura del verso biblico. Queste parole sembrano avere un’asimmetria, forse voluta per non mettere in similitudine due percorsi diametralmente opposti. Il mondo in cui viviamo è stato creato secondo la volontà del Creatore ed è il creato stesso che ne testimonia l’infinita sapienza: come sono grandi le Tue opere o Signore, tutte le hai eseguite con saggezza (Salmo 104, 24). La disarmonia, l’impurità morale e fisica, la povertà e la miseria, la disperazione e l’angoscia, l’indifferenza e l’odio che riempiono questo mondo, sono le dirette conseguenze della libera scelta umana verso la maledizione. La benedizione, invece, è il risultato di scelte che tengono conto degli insegnamenti della Torà che assicurano la completezza del creato in modo di vivere in questo mondo e di rivivere in quello futuro.

Shabbat Shalom.


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